La famiglia De Marchi.

Prima di diventare di proprietà dell’omonima famiglia, Villa Frova si chiamava Palazzo De Marchi, essendo la dimora della famiglia di Antonio (1781-1867) e Stefano De Marchi (1806-1867), padre e figlio, architetti e impresari originari di Stevenà molto attivi tra Veneto e Friuli, nella seconda metà dell’Ottocento.

Geniale e operoso impresario il primo, di più solida cultura il secondo (ebbe la possibilità di studiare all’Accademia delle Belle Arti di Venezia), i due fusero le loro capacità operando sempre assieme ed affermandosi per questo come gli impresari più richiesti dell’epoca.

Nel 1811, Antonio è impegnato nella ricostruzione del coro della cupola del Duomo di Pordenone, danneggiato dal terremoto e collabora alla messa in opera dell’altare maggiore. La sua prima vera opera progettuale fu il duomo di Portogruaro, costruzione importante a cui collaborò per la prima volta anche il figlio Stefano.

La loro attività ha compreso la costruzione, il completamento o la ricostruzione di 72 chiese ed altri edifici pubblici e privati, realizzati generalmente con gusto neoclassico. I De Marchi si imposero anche come capaci costruttori di ferrovie: ebbero l’incarico di seguire in qualità di Periti-Costruttori la realizzazione dei tronchi ferroviari Sacile-Casarsa, Casarsa-Udine, Padova-Rovigo. Furono anche gli artefici dei progetti dei ponti ferroviari sui fiumi Piave, Livenza, Meduna, Noncello, quest’ultimo forse il più coraggioso con campata unica a tutto sesto.

Nel 1856, a completamento di queste opere, l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I decorò Antonio De Marchi della Croce e Corona d’Oro I.


La famiglia Frova.

La Villa prende il nome dalla famiglia Frova di origine lombarda, impegnata nella sericoltura, che vi ha vissuto per alcuni decenni dalla fine dell’800. Più precisamente, l’edificio viene venduto dai precedenti proprietari, i De Marchi, a Luigi Frova nel 1889, che ne fa la residenza di famiglia, ma vi conduce anche la sua attività. Si possono infatti ancora vedere i quattro essicatoi utilizzati per una fase della lavorazione della seta.

Nel dopoguerra, con l’arrivo delle prime fibre sintetiche dagli Stati Uniti, la sericoltura subisce una tale crisi che, nel 1960, i signori Frova vendono gli stabili e si trasferiscono altrove.