L’interessante storia di Villa Frova.

Villa Frova, che stilisticamente si richiama alle Ville Venete, in origine si chiamava Palazzo De Marchi, ed era la residenza di Antonio e Stefano De Marchi, padre e figlio, architetti attivi nella seconda metà dell’800. Nel 1889 fu venduta a Luigi Frova – da cui l’attuale nome. È stata, quindi, per qualche decennio la dimora della omonima famiglia di industriali, di origine lombarda, che a Stevenà erano impegnati nel settore della sericoltura. Nell’edificio adiacente alla Villa, infatti, ancora oggi sono visibili i vecchi essicatoi dove si lavorava una consistente quantità di bozzoli di bachi da seta. I quattro essiccatoi rappresentano uno dei rari esemplari ancora esistenti in Italia di un modello di produzione che ebbe molta fortuna per una ventina d’anni. Il loro valore documentale è accresciuto dall’essere integri, oltre che perfettamente integrati nell’edificio che li ospita. Nell’altro edificio, situato sempre all’interno della struttura, era ubicato fino al termine del secondo conflitto mondiale, il vecchio asilo parrocchiale.

Il fabbricato ha la forma di un palazzo, ma nella planimetria dichiara di derivare dalla trasformazione di una modesta residenza, probabilmente la casa del mastro muratore Stefano De Marchi senior. Il restauro, influenzato dal gusto veneziano delle prime opere di Antonio De Marchi, è databile nei primissimi dell’800, poiché lontano dai codici del gusto neoclassico e privo di proporzioni.

Verso la fine degli anni ’90, la Villa è diventata di proprietà comunale. Sono quindi iniziate le attività di progettazione e la ristrutturazione. La Villa è dunque stata riaperta al pubblico nell’ottobre 2012.

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