Villa Frova: uno splendido edificio storico trasformato in spazio-contenitore polifunzionale.

La Villa – di proprietà del Comune di Caneva dalla fine degli anni ’90 – dopo lunghe opere di ristrutturazione, è stata riaperta al pubblico nell’ottobre 2012. Il Comune con la ristrutturazione ha fondato l’officina della sostenibilità ad uso della comunità. Oltre a degli spazi adibiti a ristorazione mirati alla diffusione della cucina locale, vi si trovano: la Biblioteca Civica in cui vengono allestite delle interessanti mostre, il Museo del Ciclismo, un centro di ritrovo per anziani e un’importante sala per conferenze ed eventi.


Gli essiccatoi per la lavorazione della seta, rari esemplari di archeologia industriale.

Nell’edificio adiacente alla Villa sono visitabili i vecchi essiccatoi dedicati al ciclo della lavorazione della seta.

Il filo di seta, infatti, è la bava del baco. Questo, con un unico filamento di 700-800 metri, costruisce il suo bozzolo, dentro il quale poi si trasforma in farfalla. Il forno essiccatoio si usava per uccidere, mediante calore, le crisalidi dei bachi da seta racchiuse nei bozzoli. Morendo prima di trasformarsi in farfalle, queste non uscivano dal bozzolo e perciò non lo rompevano. Il filo di seta così restava integro.

L’industria bacologica aveva escogitato vari sistemi per uccidere le crisalidi, quindi gli essiccatoi presentano tra loro delle differenze di impostazione. I quattro essiccatoi di Villa Frova sono rari esemplari rimasti integri di un modello che ebbe molta fortuna per una ventina d’anni.

Ognuno dei quattro forni-essiccatoi, posti in uno stanzone quadrangolare, due a ridosso di una parete e due a ridosso dell’altra, erano composti da tre elementi: il ventilatore, la stufa ed il buratto (termine arcaico per setaccio).

Il ventilatore, mosso da una cinghia di trasmissione collegata all’albero, inviava l’aria all’interno di una stufa. Qui, una serie di tubi, portandola in alto, la riscaldavano, e poi la conducevano in un grosso tubo esterno adiacente alla stufa che la immetteva all’interno del buratto. Sopra l’essiccatoio si trovava uno stanzone adibito a deposito bozzoli, fornito ad ogni angolo di particolari aperture che corrispondevano esattamente alle aperture superiori delle finestrelle dei buratti. Gli addetti ai lavori, muniti di apposite pale in legno, scaricavano i bozzoli (fino a 10 quintali di bozzoli per buratto) nelle aperture longitudinali dei buratti sottostanti. Chiuse le finestrelle, iniziava il ciclo di essicazione. Una volta conclusa l’operazione, i bozzoli essiccati venivano sistemati in grandi ceste oppure in grossi sacchi, e depositati al secondo piano nell’apposito stanzone. Negli essiccatoi erano impiegati di norma 15-20 operai. Nella vicina filanda ne erano impiegati circa 300. Ridotti questi ultimi ad una trentina, i proprietari, i signori Frova, chiusero l’attività e successivamente vendettero gli stabili.

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